Una riflessione sulle origini e sull’origine è sempre salutare oltre che necessaria.
“…Incipit et destinit”, come nella “quaestio” medievale che si occupava di quando e come è iniziato tutto, e di dove stiamo andando tutti.
“Origine e destino”, la stessa domanda a cui oggi cerca risposta la ricerca genetica, è una domanda filosofica e spirituale non semplicemente biologica.
Le fonti sono le risposte di chi ci ha preceduto ed ha cercato nella propria esperienza di vita una risposta. Ma la fonte è la vita, il mondo, la natura, il vuoto e il pieno che ci portiamo dentro.
Anche meditare in un certo senso è il tentativo di ritornare alle fonti, e l’uso del plurale è voluto poiché esse sono più di una, come le sorgenti di un torrente di montagna che da più rivoli convergono in un unico bacino per emergere in un unico alveo.
Dalla molteplicità all’unità, e il cammino che ci fa riconoscere l’essenziale cogliendolo all’interno della complessità. Imparando a riconoscere la somiglianza nella differenza, e la differenza nella somiglianza, intuendo che c’è una dimensione che le contiene entrambe senza separarle, che chiamiamo unità.
L’Uno della sintesi, l’uno che fa la differenza, l’uno che rimane irriducibile all’omologazione indifferente. Universalità, multiversalità.
Tornare ad essere è un viaggio verso le origini di noi stessi, che parte dal ricominciare a sentire anche se questo sentire contenesse l’esperienza del dolore. Ri-essere, come rigenerarsi nella nostra capacità di prendere e di lasciar andare, nel coraggio di affrontare la paura del nostro stato di imponderabilità davanti allo sconosciuto, per recuperare il nostro “giusto peso”.
Ri-essere, come uscita dai nostri blocchi psico-fisici, dove l’uscita dal blocco è sempre rinascita perché ogni blocco è essenzialmente paralisi, paralisi dell’anima che diviene paralisi del corpo, limitando il nostro agire e rendendoci sempre più omissivi.
Ricordiamoci che quella che oggi chiamiamo “comodità” spesso è semplice rinuncia alla fatica, indolenza progressiva: perché questa comodità indolore ci stacca dal sentire rendendoci insensibili.
Confrontarci con quella fatica che è non scegliere la via comoda ci allena alla fatica di esistere, ci riporta ad una giusta fatica: quella di essere e di esserci assumendocene la responsabilità. E l’esserci è sempre origine.